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In Evidenza - 24 mag 2021
Si apre una settimana decisiva per il futuro dell’agricoltura Ue, con i triloghi del 25, 26 e 27 maggio a Bruxelles che potrebbero segnare finalmente l’accordo politico sulla riforma della Pac. Così Cia-Agricoltori Italiani, che auspica il raggiungimento dell’intesa nei prossimi giorni, per far sì che gli agricoltori europei possano contare su una legislazione certa, equilibrata, innovativa, capace di garantire insieme la competitività e la sostenibilità del settore.
La Pac è, e deve rimanere, la politica degli agricoltori e per gli agricoltori -ricorda l’organizzazione- capace di generare esternalità positive per la collettività e per lo sviluppo delle aree rurali. Il progetto Cia “Il Paese che Vogliamo” passa anche attraverso la nuova Pac che, insieme a un uso efficiente e strategico delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, può essere in grado di far ripartire l’economia del Paese con l’agricoltura protagonista.
E’ chiaro che ci sono ancora nodi importanti da sciogliere -sottolinea Cia-. Questi, infatti, saranno giorni determinanti per fare in modo che tutti gli strumenti in discussione siano adeguati alle sfide dei prossimi anni, dai cambiamenti climatici al Green Deal. La proposta di riforma, iniziata nel 2018, ha subito diversi aggiustamenti, anche nei mesi scorsi, proprio per rispondere a una nuova visione di ripresa e sviluppo, generata dalla pandemia, e per raggiungere obiettivi di sostenibilità sempre più ambiziosi.
Per Cia, serve un accordo sulla nuova Pac che consenta una redistribuzione più equa delle risorse, così come un’attenzione alle politiche ambientali, con l’agricoltura al centro, incentivando comportamenti virtuosi. Gli agricoltori europei sono pronti a fare la propria parte per diventare sempre più sostenibili, quindi sì a una Pac 2023-2027 “verde”, ma senza dimenticare mai che si tratta di una politica economica che, storicamente, esiste per sostenere il reddito degli agricoltori e assicurare l’approvvigionamento alimentare.
“L’Italia sarà sicuramente impegnata affinché nell’accordo siano rispecchiate tutte le specificità e le esigenze dei nostri territori -dichiara il presidente Dino Scanavino-. Come Cia, ci siamo e lavoreremo perché l’agricoltura diventi, sempre di più, un settore strategico per il nostro Paese e per l’Europa”.
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In Evidenza - 22 mag 2021
Nel Dl Sostegni bis non compare la cessione del credito d’imposta 4.0 per le imprese che investono in innovazione come previsto nel Piano Transizione 4.0. Una soluzione attesa e un’occasione mancata, su cui rimediare con un ordine del giorno in sede parlamentare. E’ quanto afferma e chiede Cia-Agricoltori Italiani dopo una prima lettura del testo, approvato in Consiglio dei Ministri, e ritenuto comunque importante per l’attenzione al settore agricolo con uno stanziamento di 2 miliardi di euro.
Per Cia, infatti, ci sarebbe ancora margine di manovra per salvare una misura estremamente strategica per l’economia delle aziende, non solo agricole, e necessaria alla ripartenza in chiave innovativa e sostenibile. Nello specifico, potrebbe replicarsi quanto avvenuto con il Dl Sostegni, prima del grave stralcio dal maxiemendamento. Dunque, durante la conversione in legge del Dl Sostegni bis, ci sarebbe ancora la possibilità di dare seguito a una richiesta per la quale, tra l’altro, è ormai evidente il fronte comune tra forze sociali e politiche.
La determinazione di Cia sulla materia, è sostenuta da un anno di battaglie sul tema sin dalla Legge di Bilancio 2020 e dai ripetuti interventi nei vari provvedimenti da inizio pandemia. Escludere la cessione del credito d’imposta 4.0 vuol dire, per Cia, voler penalizzare il futuro green delle imprese agricole, andando tra l’altro in controtendenza rispetto all’impegno assunto con l’Europa e agli stessi interventi in favore dell’agricoltura presenti del Dl Sostegni bis.
Nel testo del governo, Cia trova accolte, sebbene in alcuni casi solo in parte, alcune delle istanze avanza dalla stessa organizzazione negli ultimi mesi, come la compensazione dell’IVA zootecnica (suini e bovini) innalzata al 9,5%; il riconoscimento degli addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica (imprenditore agricolo e familiari) come lavoratori agricoli anche ai fini della valutazione del rapporto di connessione tra attività agricola e agrituristica e la semplificazione sul tempo di lavoro, necessario all'esercizio, tra i requisiti di connessione tra agriturismo e attività agricola. E ancora, l’esonero contributivo per vino e agriturismo; il sostegno al settore bieticolo-saccarifero; il rafforzamento dello strumento delle garanzie Ismea a favore degli imprenditori agricoli e della pesca. Il “102 in deroga" per le imprese agricole colpite dalle gelate di aprile e che non beneficiavano di assicurazione rischio gelo e brina. In quest’ultimo caso, precisa Cia, è auspicabile però, un incremento delle risorse. I 105 milioni a valere sul Fondo di solidarietà Nazionale rischiano di essere non efficienti visti i danni ingenti.
“Continueremo a dialogare con le istituzioni in modo costruttivo -ha commentato il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino-. Assicuriamo agli imprenditori agricoli la nostra massima attenzione affinché in fase di conversione, il Parlamento reintroduca la cessione del credito d’imposta 4.0 e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale”.
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In Evidenza - 21 mag 2021
Il Senato approva la legge nazionale sul biologico e finalmente l’Italia può dirsi più vicina a un ruolo da protagonista nel settore su scala globale, forte di una leadership ampiamente riconosciuta a livello Ue e internazionale, in termini di produzione, superfici, consumi e valore dell’export. Così Cia-Agricoltori Italiani e Anabio, la sua associazione per la promozione del biologico, soddisfatte del passaggio definitivo in Senato della norma “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” di cui ora si attende iter rapido e risolutivo anche alla Camera.
Per Cia e Anabio, l’attuale testo può considerarsi coerente con la nuova legislazione comunitaria di riferimento e costituisce, quindi, la forma più avanzata per consentire al biologico italiano di produrre valore per il Paese, di recepire le esigenze dei cittadini, di essere coerente con le diverse strategie Ue. Al tempo stesso, la legge sul bio di cui ora può disporre il settore, garantisce equilibrio e, quindi, rispetto anche per le altre forme di agricoltura praticate in Italia.
L’ok al disegno di legge da parte del Senato, continuano Cia e Anabio, arriva dopo un lungo iter nelle aule parlamentari, sin dal 2013, fallito per motivi oscuri al termine della XVII legislatura, riproposto all’inizio della XVIII legislatura nella sua sostanziale impostazione e approvato dalla Camera dei Deputati a dicembre 2018. Ora che l’Italia riapre, facendo i conti con le pesanti ripercussioni della pandemia sull’economia del Paese, una legge nazionale di sistema specifica per il biologico, settore non salvo dalle gravi perdite per il Covid, può rappresentare un’opportunità cruciale per esplorare e capitalizzare tutte le potenzialità produttive del comparto, quanto a difesa dell’ambiente e legame con i territori di produzione, salubrità e tutela dei diritti sociali. Il disegno, infatti, contiene misure importanti per favorire l’ulteriore crescita di un settore che conta 2 milioni di ettari coltivati, impegna 80.000 operatori e vale 3,5 miliardi di euro. Nello specifico, faranno bene allo sviluppo del bio, sotto il profilo economico e ambientale, i biodistretti e tutti gli strumenti di aggregazione, in primis OI e OP, oltre all’istituzione di un marchio biologico italiano.
Infine, precisano Cia e Anabio, avere una legge nazionale sul bio, vuol dire poter contare concretamente su un pilastro fondamentale per la costruzione del suo futuro agricolo come indicato dal Green Deal Ue che vede proprio nel biologico uno dei driver principali per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità.
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In Evidenza - 21 mag 2021
Sono scomparsi più di 10 milioni di alveari nel mondo solo negli ultimi cinque anni. Colpa dei cambiamenti climatici, che mettono a rischio la sopravvivenza delle api, tra aumento delle temperature e diffusione di nuovi parassiti, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Così Cia-Agricoltori Italiani che, nella Giornata Mondiale delle Api, rilancia l’allarme sullo stato di salute di questi insostituibili impollinatori, da cui dipende il 70% della produzione agricola mondiale, e quindi del cibo che arriva a tavola, e aggiunge: “Diventa sempre più fondamentale, dunque, promuovere misure che favoriscano e tutelino lo sviluppo dell’apicoltura”.
Tra le conseguenze peggiori del climate change c’è proprio la diminuzione drastica del numero di api. Il rialzo delle temperature del pianeta, infatti, costringe le api a cambiare habitat e spostarsi continuamente alla ricerca di areali più freschi. Mentre lo stravolgimento delle stagioni, con primavere anticipate e freddo fuori periodo, ha effetti negativi sulla loro capacità produttiva e riproduttiva. In più, il riscaldamento globale facilita la proliferazione dei cosiddetti “parassiti dell’alveare”.
Ma se non si interviene subito e in maniera integrata, presto le varietà di miele, così come di ortaggi e frutta, saranno sempre più scarsi, o non disponibili, o con prezzi più alti, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Ecco perché -evidenzia Cia- ancora di più oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo.
Una funzione insostituibile, in primis in Italia, dove oltre 68.000 apicoltori curano ogni giorno 1,6 milioni di alveari sparsi nelle campagne nazionali, salvaguardando la biodiversità e mantenendo le tante varietà di mieli locali, nonostante i cali di produzione dovuti appunto alle avversità atmosferiche.
Proprio oggi al Mipaaf c’è il Tavolo miele -ricorda Cia- dove chiediamo maggiore sostegno al mercato del miele nazionale, attraverso campagne di promozione e di comunicazione, e un efficace piano di controllo sui mieli importati (spesso adulterati). Più in generale, vogliamo che le istituzioni tutelino l’apicoltura, introducendo adeguate misure di sostegno assicurativo contro le calamità naturali; intervenendo sul sistema fiscale con un’aliquota Iva agricola anche per servizi di impollinazione, pappa reale e polline; valorizzando il comparto attraverso misure specifiche nella futura Pac.
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In Evidenza - 20 mag 2021
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 28 aprile, ha approvato le "Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali" (elaborate con il supporto degli uffici di prevenzione dei Dipartimenti di Sanità pubblica delle Regioni e delle Province autonome).Il testo in allegato.
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In Evidenza - 20 mag 2021
L’Italia riapre e inizia a svelare con più chiarezza quelli che saranno i nuovi stili di vita degli italiani a più di un anno da inizio pandemia. In fatto di modalità di acquisto, per esempio, non intendono rinunciare al negozio di vicinato, soprattutto se alimentare con materie prime fresche e di stagione. Questo il trend confermato nel Paese dal 70% delle famiglie e potenziale ancoraggio per far ripartire anche tutta l’economia delle piccole attività commerciali. A dirlo è la Spesa in Campagna, Associazione per la vendita diretta di Cia-Agricoltori Italiani, in occasione del webinar “La bottega di la Spesa in Campagna. Punto d'incontro tra agricoltore e cittadino-consumatore”.
Secondo l’Associazione Cia, infatti, da marzo 2020 a oggi, lockdown e restrizioni, hanno aperto un nuovo varco nel rapporto tra agricoltori e cittadini che hanno scelto le botteghe agricole di prossimità come punti di riferimento, “unici” per vicinanza, ma anche ideali per sicurezza, cioè minor rischio assembramenti e contagio, e qualità delle materie prime, tornate una priorità nella cura fisica. Contemporaneamente, sottolinea la Spesa in Campagna-Cia, sono aumentate sia le aziende agricole interessate a entrare nel circuito della vendita diretta (+5%), che le richieste da parte dei consumatori che, nello specifico, hanno fatto incrementare del 40% il fatturato annuo delle botteghe. Rimaste sempre aperte, hanno assicurato approvvigionamento in città come nelle periferie e hanno contributo al boom della consegna a domicilio, essenziale per il 60% degli italiani.
Inoltre, come raccontano le aziende delle botteghe Cia, sono clienti affezionati, sempre più giovani (+10%) e anche studenti (+5%) con percentuale di donne e uomini pressoché identica. Con la riduzione dello smart working e il ritorno in ufficio, 2 lavoratori su 3 già avvertono che forse cucineranno meno, ma senza perdere l’abitudine di mangiare sano, magari piatti pronti al banco dell’agricoltore di fiducia. Per la Spesa in Campagna-Cia, infatti, l’Italia in emergenza per il Covid, ha rafforzato l’esigenza delle buone abitudini e nei quartieri come nelle comunità, agli agricoltori è stato riconosciuto un ruolo cardine, anche sociale e culturale. Le botteghe hanno così fatto da punto d’incontro destinato a diventare consuetudine, come accaduto con la Spesa in Campagna-Cia a Siena e Pescara.
In Toscana, la bottega di Siena è un unicum. Nata nel 2012, è passata da 17 a oltre 40 aziende sotto lo stesso tetto e ora aggregate in rete d’impresa. In 15 giorni dall’inizio del Covid, hanno messo a sistema la consegna a domicilio, supportando anche persone in quarantena. Oggi, nel rispetto di sicurezza e stagionalità degli alimenti, conferiscono prodotti locali anche alle mense scolastiche sul territorio. In Abruzzo a Pescara, la bottega la Spesa in Campagna-Cia, sta per traslocare in uno spazio di 150 mq e le aziende da 56 diventeranno il doppio. Faranno spazio, sollecitate dai clienti, a ristomercato, aule didattiche e libreria, confermando anche la sezione equo e solidale. La bottega in città è nata nel 2018 quando gli agricoltori Cia si sono accorti che i pullman turistici organizzati d’estate per fare visita alle aziende, erano per lo più frequentati da cittadini.
“Il mondo del retail è in evoluzione, la Gdo sta studiando nuove soluzioni e ci si muove secondo la logica della prossimità. Con la Spesa in Campagna-Cia -ha commentato il presidente Matteo Antonelli- lavoriamo perché le aziende agricole di piccole e medie dimensioni possano, in questo contesto, trovare il loro meritato spazio. La bottega è in questo senso strategica, si completa con i mercati contadini e cresce con l’e-commerce su cui Cia sta puntando con la sua piattaforma dalcampoallatavola.it".
“Nella fase attuale di vera ripresa per il Paese -è intervenuta Claudia Merlino, direttore generale di Cia-Agricoltori Italiani- è necessario aiutare aziende e cittadini a consolidare e far crescere quanto costruito con tanta fatica in questo lungo anno. Il valore dell’agroalimentare Made in Italy, forte anche di un rapporto autentico tra agricoltori e consumatori, si è affermato grazie anche alle botteghe la Spesa in Campagna-Cia e va capitalizzato. Fanno da collante nelle comunità e possono creare terreno per la ripartenza di tante attività commerciali ora a saracinesche abbassate”.
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In Evidenza - 19 mag 2021
Con un quarto della produzione agricola nazionale per un valore di 15 miliardi di euro, l’ortofrutta si conferma un comparto cruciale del Made in Italy. Eppure le potenzialità di sviluppo e rilancio sui mercati interni ed esteri sono enormi, perché da un lato l’ortofrutta sconta ancora un gap infrastrutturale con criticità nella logistica e nelle fasi di stoccaggio e distribuzione, e dall’altro soffre una crescente pressione competitiva globale con un progressivo peggioramento nel rapporto concorrenziale con altri Paesi produttori. Due questioni da capovolgere con strategie di sistema per sfruttare al meglio anche il cambiamento impresso dal Covid alle abitudini di consumo, con la metà delle famiglie che acquista frutta e ortaggi perché necessari a una dieta varia ed equilibrata (27%) e perché salutari (23%). Controllando sempre la stagionalità (63%), evitando gli sprechi (59%) e preferendo i prodotti freschi ai confezionati e surgelati (59%) dall’inizio della pandemia. È quanto emerge dall’ultimo webinar “Il valore nell’ortofrutta, dalla filiera al sistema” organizzato da Cia-Agricoltori Italiani per sostenere l’Anno Internazionale della Frutta e della Verdura 2021 promosso dalla FAO.
Per ridare slancio al comparto, prima di tutto occorre agire sulle infrastrutture. Secondo i dati dell’Osservatorio Focus Ortofrutta di Nomisma presentati al webinar, infatti, il Logistic Performance Index della World Bank assegna all’Italia solo il 19° posto, contro il primo della Germania e il nono del Regno Unito. Basti pensare al costo per chilometro dell’autotrasporto, su cui viaggia il 90% dell’ortofrutta, pari a 0,43 euro in Italia, quasi il doppio rispetto ai competitor tedeschi (0,30 euro) e spagnoli (0,28 euro). “Il cambiamento di cui parliamo non può che passare da qui. L’Italia ha un grande divario infrastrutturale -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- che, attraverso gli 800 milioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicati allo sviluppo della logistica nel settore agroalimentare, dovremo affrontare e superare: riduzione della spesa e dell’impatto ambientale del sistema dei trasporti, digitalizzazione dei servizi, miglioramento delle capacità di stoccaggio, dell’accessibilità ai servizi hub e della capacità logistica dei mercati all’ingrosso”. Tutto nell’ottica di rinnovare la catena di distribuzione e ampliare le tradizionali relazioni di filiera, per costruire un vero e proprio “patto di sistema”, con l’obiettivo di arrivare a una più giusta ripartizione del valore (oggi su 100 euro spesi dal consumatore, solo 6/8 euro restano in tasca all’agricoltore), ma anche di raggiungere maggiori standard di sostenibilità, eliminare le inefficienze, promuovere investimenti e innovazioni in scala, sviluppare progetti di promozione unitaria.
Altrettanto fondamentale è riguadagnare competitività sul fronte export. Sebbene nel pieno della pandemia le esportazioni di ortofrutta fresca dall’Italia siano cresciute più della media del quinquennio precedente (+3,8% nel 2020 sul 2019 contro il +2,5% medio annuo tra il 2014 e il 2019), come dimostrano i dati dell’Osservatorio Nomisma per Cia, il posizionamento dell’Italia a livello globale sta perdendo quota. Nei Top 10 Exporter di ortofrutta fresca nel mondo, il Belpaese è nono in classifica, con 5 miliardi di fatturato sui mercati stranieri e una crescita del 32% in dieci anni. Nello stesso lasso di tempo, Paesi esportatori come Usa, Spagna e Cina hanno raggiunto un giro d’affari annuo tra i 14 e i 17 miliardi nel 2020, con un incremento del +100% rispetto al 2010. Competitor che corrono più veloci, quindi, in particolare “l’avversario” storico di Madrid. In un decennio, infatti, la differenza nell’export ortofrutticolo tra Italia e Spagna è triplicata a +228%. Colpa anche della burocrazia, con il “time to export” dell’Italia che è il doppio di quello spagnolo (19 giorni contro 10) e quasi il triplo di quello olandese e Usa (rispettivamente 7 e 6 giorni).
“Il settore ortofrutticolo nazionale si trova quindi in uno scenario complicato dove, accanto alle pressioni competitive di mercato, i produttori soffrono sempre più spesso gli effetti devastanti delle avversità climatiche -ha evidenziato Scanavino-. Per quanto importante, però, il mercato interno non è in grado di garantire da solo una tenuta della produzione ortofrutticola, anche perché è sempre più esposto alla concorrenza estera”. Per questo, ha continuato il presidente Cia, “considerando anche le sfide a cui è chiamato il settore, come il Green Deal, non sono più rinviabili gli interventi necessari a recuperare i gap di competitività con i competitor, né quelli finalizzati a rendere più efficiente la filiera a livello nazionale. Interventi che riguardano sia il Sistema Paese che le singole imprese, sfruttando tutte le opportunità offerte dal Recovery Plan, dalla Pac (innovazione digitale, nuove tecnologie, gestione del rischio) e anche da nuove relazioni commerciali nell’area del Mediterraneo, in particolare con i Paesi del Nord Africa”. E in questo quadro, ha concluso Scanavino, “il patto di sistema tra tutti gli operatori della filiera è condizione indispensabile per la vera ripresa post Covid e l’acquisizione della necessaria resilienza per affrontare le sfide future”.
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In Evidenza - 15 mag 2021
Una Academy online dedicata alla formazione di nuove figure professionali nel settore agroalimentare. E’ questo l’obiettivo dell’accordo tra l’Università Telematica Pegaso e Cia-Agricoltori Italiani, siglato nella sede nazionale dell’Universitas Mercatorum.
La partnership prevede la pianificazione di attività di alta formazione e di aggiornamento specialistico, finalizzate alla creazione di figure professionali ad hoc, tali da agevolare l’accesso diretto al mondo del lavoro agricolo. Il 2020 ha avvicinato molti giovani all’impresa rurale e grazie a questo accordo Cia vuole incrementare la tendenza in atto, promuovendo la tutela del lavoro agricolo quale elemento primario per il sostentamento ed il benessere generale, nonché elemento idoneo a migliorare la competitività sui mercati delle aziende agricole, attraverso la riqualificazione, la formazione e il coinvolgimento partecipato degli operatori del settore.
Attraverso la regia di un Comitato tecnico scientifico che individuerà i nuovi fabbisogni formativi e organizzativi degli imprenditori agricoli, l’Academy fornirà percorsi didattici aventi valore legale, spendibili in termini di riconoscimento di Crediti Formatici Universitari (CFU) e come aggiornamento professionale.
Saranno, inoltre, attivati stage e tirocini grazie a convenzioni con aziende, istituzioni, enti pubblici e privati operanti nel settore primario, finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, nonché all’acquisizione di esperienze pratiche certificate per arricchire il proprio curriculum personale.
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In Evidenza - 15 mag 2021
“Il mondo agricolo non è stato tenuto minimamente in considerazione nella modifica dell’art. 44 della Legge Regionale 10/04 nei punti in cui disciplina il controllo della fauna selvatica, eliminando dall’emendamento da noi proposto la parte nella quale venivano reinseriti i cacciatori formati, apportando, inoltre, ulteriori modifiche peggiorative alla legge in vigore creando solo confusione”. Lo ha affermato il Presidente di Cia-Agricoltori Italiani Abruzzo, Mauro Di Zio, in seguito all’ultima seduta del consiglio regionale che aveva come oggetto la modifica dell’art. 44 della legge “Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente”.
“Fatto di assoluta gravità, dal momento che sappiamo che la Polizia Provinciale e le guardie venatorie, per l'esiguo numero in cui sono presenti in Abruzzo, non sono sufficienti per intervenire in maniera efficace per ridurre i danni alle colture agricole, provocati dalla massiccia presenza della fauna selvatica”, aggiunge Di Zio sottolineando il fatto che l’Abruzzo sia l’unica regione italiana a precludere agli agricoltori la possibilità di ricoprire il ruolo di Presidente negli Ambiti Territoriali di Caccia. I danni da fauna selvatica, nel 2020 hanno superato i due milioni di euro e sono in continua crescita.
“Ormai è stato superato ogni limite di buon senso”, dura presa di posizione dell’associazione di categoria che chiede l’immediata modifica della legge così come richiesto lo scorso febbraio.
“Su questo punto saremo intransigenti e non escludiamo manifestazioni di piazza, chiamando a raccolta tutto il mondo agricolo se non si provvede nell’immediato”, continua Di Zio, “A breve saranno inoltre inviate ulteriori proposte per una revisione dei regolamenti e leggi regionali attinenti il settore agricolo, al fine di risolvere l’annoso problema dei danni alle colture agricole e dei relativi indennizzi provocati dalla fauna selvatica”.
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In Evidenza - 13 mag 2021
Bollettino di produzione integrata e biologica n.12 del 13 maggio 2021.
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In Evidenza - 13 mag 2021
Il settore biologico italiano si appresta a confrontarsi con opportunità e prospettive di crescita importanti anche sui mercati esteri, potendo contare sulla tenuta del comparto agroalimentare che si è rivelato anticiclico rispetto alla crisi per la pandemia e in grado di resistere anche nelle esportazioni. Ora la sfida all’internazionalizzazione del bio Made in Italy si gioca sulla capacità di capitalizzare la crescita di produzione e consumi interni e di accrescere la presenza dei produttori del settore, proprio nelle catene del valore dei mercati stranieri. Così Cia-Agricoltori Italiani e Anabio, la sua associazione per la promozione del biologico in occasione del webinar sul tema e dedicato alla piattaforma Ita.Bio con Nomisma, Agenzia ICE e FederBio.
A sostenere la sfida lanciata da Cia e Anabio, i dati sull’export del bio Made in Italy che oggi vale 2,6 miliardi (38% sul totale. 70% export dairy, 67% export Dop/IGP e 38% vino) e posiziona l’Italia al secondo posto tra gli esportatori di prodotti biologici, dopo USA e prima di Spagna, Cina e Francia. Proprio nell’anno del Covid, il settore è cresciuto dell’8% con un’incidenza sul totale agroalimentare del 3,5% (5,7% nel 2019). Nel dettaglio, a livello mondiale, i consumi bio sono cresciuti in 10 anni del 115% con Germania, Scandinavia e Stati Uniti tra i mercati con le maggiori prospettive di crescita per i prodotti bio Made in Italy. Ad attrarre i mercati esteri sono la pasta (+15,5% nell’ultimo anno), in cima alla classifica dei prodotti bio più apprezzati dal consumatore internazionale; il vino, primo prodotto più esportato (+2,4% sul 2019, +4,7% dal 2014 al 2019) con il 93% dei consumatori americani e il 43% dei cinesi che ritiene importante l’origine italiana del vino bio che acquista. E ancora frutta e verdura fresca, secondo prodotto italiano più esportato (+4% sul 2019) e terzo nella classifica dei distintivi del Made in Italy secondo il consumatore francese (16%) e tedesco (18%). Infine, l’Olio EVO, il 3% del nostro export a valore (+6,5% nel 2020 sul 2019). Per i francesi (27%) e i tedeschi (30%) primo prodotto Made in Italy.
Secondo Cia e Anabio, si tratta, dunque, di un quadro estremamente interessante per il mercato bio italiano che vale oltre 4,3 miliardi. Occorre, quindi, continuare a investire, portando il produttore al centro di servizi di orientamento e promozione internazionale. Puntare sugli eventi fieristici, su formazione e assistenza per la certificazione bio, necessaria ai mercati esteri. Importante è anche partire da casi di successo come quelli presentati nel corso del webinar e che ben rappresentano il potenziale delle imprese associate ed esportatrici di bio italiano.
In quest’ambito, poi, entra in gioco, anche per i produttori Cia e Anabio, la Piattaforma ItaBio, sviluppata da Agenzia ICE e FederBio con il contributo di Nomisma. Obiettivo: incrementare il posizionamento del biologico italiano sui mercati internazionali e sui canali e-commerce, con particolare riferimento a USA e Cina.
“Attribuiamo grande attenzione al Progetto Ita.Bio e al relativo desk presso l'Agenzia ICE -ha dichiarato Cristiano Fini, della Giunta nazionale Cia-. Rappresentano delle valide iniziative che ben si integrano nel nostro piano per l’internazionalizzazione delle imprese e la promozione del biologico e rafforzano l’impegno già preso da Cia come firmataria del patto per l’Export. Inoltre, le attività promosse dall’Agenzia ICE e da FederBio, troveranno nel ‘Piano d’Azione Europea per lo sviluppo del settore biologico’ un solido riferimento programmatico e finanziario”
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In Evidenza - 07 mag 2021
Ci sono ancora possibilità per scongiurare l’addio alla cessione del credito d’imposta 4.0. La misura, infatti, potrebbe essere ripresa in nuovi provvedimenti come il Dl Sostegni bis, traguardando le indicazioni della Ragioneria di Stato con una soluzione tecnica idonea. Così Cia-Agricoltori Italiani commenta lo stralcio dal maxiemendamento della misura che avrebbe davvero rappresentato un punto di svolta, e in chiave green, per l’economia delle imprese italiane, comprese quelle agricole.
La decisione della Ragioneria di Stato -aggiunge Cia- arriva come una doccia fredda e sembrerebbe ormai persa la battaglia se non fosse che, dopo un anno dalla nostra prima proposta nella Legge di Bilancio 2020 e durante i vari provvedimenti da inizio pandemia, si è aperto ora anche un fronte comune sul tema, tra forze sociali e politiche. Cia terrà conto, ovviamente, delle osservazioni della Ragioneria di Stato che ravvisa mancanza di copertura finanziaria, ma allo stesso tempo, come fatto fino ad ora, andrà avanti nel formulare altre proposte in vista dei prossimi provvedimenti.
“Restiamo fermamente convinti del valore strategico della cessione del credito d’imposta 4.0 -dichiara il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino-. Per il settore agricolo, come per tutti i comparti produttivi, si tratta non solo di un’opportunità cruciale in un momento segnato dalla crisi di liquidità a causa della pandemia, ma anche della strada giusta da percorrere nell’ambito del piano Transizione 4.0 per incentivare gli investimenti in hi-tech e il rinnovo del parco macchine con mezzi più moderni, tecnologici e a bassa emissione CO2, requisiti fondamentali per dare seguito al Green Deal Ue e per ridurre il rischio infortunistico. Senza dimenticare che l’integrazione con l’hi-tech, sostenuta dalla ricerca, è fondamentale per la produzione di cibo fresco e sano e, quindi, nella lotta a fitopatie e cambiamenti climatici”.